Biografia di Stefania Pizzi

Nata nel 1981, vive e lavora a Milano.

-Attualmente Studentessa all’Università Statale di Milano,Facoltà di Lettere e Filosofia, iscritta al terzo anno del corso di laurea in Scienze dei Beni Culturali, curriculum in conservazione dei beni teatrali cinematografici e televisivi.

-Post diploma di Fotografia e nuove tecnologie conseguito nell’anno scolastico 2001/2002 presso il centro di formazione professionale R. Bauer di Milano.

-Diploma Superiore come Perito Tecnico in arti grafiche - comunicazioni visive e multimediali conseguito nell’anno scolastico 1999/2000 presso l’I.T.S.O.S. Albe Steiner di Milano.

-Da marzo 2007, Salvo: dall’isolamento alla condivisione. Serie di piccole sculture in plastilina rappresentanti stati d’animo. Parte di un progetto più ampio di ricerca personale sull’introspezione,sulla chiusura interiore e la ri-scoperta del mondo interiore prima, e sociale poi.

-Da Aprile 2000, “il mio Sud” Percorso di ricerca fotografica sul paese di origine di mia madre, come luogo di confronto e lettura di vissuti personali e collettivi.

-Novembre 1999, partecipazione alla mostra collettiva “Zona 16”, esposizione fotografica basata sulla ricerca di identità nel territorio della periferia milanese, promossa dal comune di Milano settore Sport e Giovani, a cura di William Guerrieri,con esposizione finale allo Spazio Marconi presso il palazzo del Turismo di Milano.

SALVO: dall’isolamento alla condivisione.

Salvo è un omino di plastilina.

Un omino senza tratti somatici, senza dita, senza organi sessuali.

È una silhouette voluminosa.

E’ fatto di stati d’animo.

Il suo nome, Salvo, non sta per Salvatore, ma per salvo nel senso di essere salvo, sopravvissuto, vivo nonostante tutto.

Il suo è un percorso di crescita e di evoluzione: dalla chiusa solitudine interiore alla scoperta del mondo esterno e alla condivisione.

Per il momento è di piccole dimensioni, variabili, ma comunque modeste.

Interagisce con vasi, barattoli,e altri piccoli contenitori di vetro. Qualcosa di fragile, dietro al quale ci si protegge, ma da dietro il quale è possibile comunque vedere all’esterno.

Abbandonerà lentamente tale luogo per uscire allo scoperto, crescere e interagire con i luoghi, le situazioni e la gente della città.

Allora la plastilina, materiale malleabile, morbido, modificabile, verrà abbandonata a favore di un’unica forma definitiva.

Il Salvo “esteriore” sarà ben definito, ma il suo mondo interno, gli stati d’animo in plastilina, sarà comunque in continua evoluzione…

Perché la Plastilina.

La plastilina è materiale plastico per la modellazione, la cui composizione è basata su olio, argilla e cera.
E’ dunque un materiale composto. Non puro. E’ un materiale complesso ma allo stesso tempo semplice.
La plastilina è un materiale malleabile. E non indurisce all’aria. Non indurisce. Ogni cosa creata in plastilina può essere modificata in qualsiasi momento.
La plastilina è morbida fuori e massiccia dentro.
I miei omini di plastilina hanno un’esteriorità apparentemente fragile, ma sono forti dentro.
Sono vulnerabili e a rischio di graffi scheggiature e bozzi. Ma sono solidi dentro. Basterà un lieve gesto per rimediare al di fuori.
Non sarà necessario rifare tutto.
Non si rompono.
A tutto c’è rimedio.
In qualsiasi momento.


Si Salvi Chi Può

Definizione di “Salvo”: Salvo è un omino in plastilina.

E’ l’unica opera d’arte che non ha un titolo, ha un nome. Ce l’ha perché vive.
Vive delle emozioni di una donna di 26 anni.

S.P. un giorno prese pennello, tempera e un pezzo di cartone e disegnò timidamente un’ ombra d’uomo vicino a un pozzo.
L’ombra pareva guardarci dentro.
Da quel momento la vita di quella piccola ombra e di quella donna si unirono in una simbiotica armonia che sapeva di sentimento della libertà di sentire quello che si sente,
e farne tesoro comunicandolo.
Insieme a una cronaca di vita, è ricerca di sè.

Si può verificare facilmente come la materia di cui è composto Salvo nelle sue diverse evoluzioni sia parte integrante del messaggio. Il materiale principe è sempre la plastilina, malleabile, plasmabile attraverso il calore delle mani. L’impronta digitale è il primo segno che l’artista imprime di sé alla sua creatura/creazione. Non s’indurisce, Salvo è votato al cambiamento, a riconoscerlo, ad accettarlo, pur nella sua incoerenza.
E l’artista lo usa, senza mai forzarne lo sviluppo.

1. Il primo Salvo si presenta come prototipo in Das (unico e ultimo pezzo in questo materiale) dipinto di nero, in un vasetto di vetro trasparente, rannicchiato su se stesso.
In totale distacco dalla realtà che lo circonda tiene la testa tra le ginocchia, precludendosi anche la semplice possibilità di farne parte guardandola da dietro il vetro che lo protegge.

2. Fra i molti omini degni di nota e di una riflessione vi è quello che colpisce per tutti i rimandi emotivi ai quali potrebbe essere associato. E’ Salvo seduto fuori da un vaso di vetro trasparente. Abbracciandolo con braccia e gambe, lo tiene stretto a sé. Dentro il vaso troviamo tanti piccoli pezzettini di plastilina ammonticchiati e informi.
E’ il dolore, la paura, la rabbia, tutto quello che ci si vuol riconoscere. Salvo in questo momento della sua esistenza riesce da dentro e a tirarlo fuori, oppure, sembra essere uscito dal vaso poco prima e aver lasciato all’interno di esso ciò che non lo doveva seguire. Ma è ancora qualcosa cui lui non riesce a mettere una definitiva distanza. E’ in attesa di compiere il prossimo passo.

Il cammino emotivo interpretato da Salvo è spesso tortuoso da seguire, ma di questa evoluzione è significativo il fatto che si possa personalizzarla cambiando l’ordine e perfino l’interpretazione delle unità rappresentate, l’importante è che ci si metta in gioco per viverla nei suoi singoli passaggi.

3. Come nel Salvo intitolato “Della pazzia. Fantasie”. L’immagine è quella di un omino coi piedi piantati su due vasetti di vetro, come a voler tradurre il dissidio interire fra razionalità e irrazionalità, nell’azione di rovesciarsi in testa un vasetto pieno di colore arancione e rosso.
Sembra, quel gesto, seguire un impeto, quasi con violenza, con voracità. Il vasetto pieno di smalto infatti è tenuto dall’alto, quasi premuto. La follia se la rovescia addosso, come un bisogno. Quella follia pura, fine a se stessa, che fa solo bene, Salvo sa concedersela nella colata di un arancione sgargiante.

Ecco cosa è infine questo morbido omino per S.P. E’ il bottino di tante guerre che la vita regala.
E’ un percorso creativo che nulla crea e nulla distrugge.
E’ il carico di un vissuto da non dimenticare ma da osservare a una certa distanza. Con lucidità.
Per tutti Salvo è invece una dimensione parallela, in cui tutto è concesso, una sorta di Avatar degli stati d’animo, in cui non bisogna render conto ad alcuno, che non sia il proprio sentire.
E’ uno specchio in cui riflettersi nudi, in cui ritrovarsi sinceramente.
E’ un omino che si ama e si odia. Come ognuno di noi, in fondo.
Cinzia Gravina


Salvo si nasce?

Salvo, per il semplice fatto di non poterlo essere senza una antecedente forma di pericolo, si diventa, almeno stando allo stretto significato della parola.
Sul dizionario di lingua italiana Le Monnier sotto questo termine si legge:
“1. Illeso, incolume, esente da danni, nonostante un pericolo corso”.
Di seguito però viene indicata un’ ulteriore definizione, corrente, ma meno immediata:

”2. In costruzioni assolute, introduce una condizione o un’eccezione, opposta per lo più ad un’eventualità contraria, espressa o sottintesa:
deve prevalere l’interesse della comunità, salvi, tuttavia i diritti dei singoli” e ancora “
3. Come prep. Eccetto, all’infuori di: è aperto tutti i giorni salvo il sabato e la domenica”.
Dunque ” salvo” si usa per indicare un sopravvissuto, ma anche, come si è visto, per introdurre un’eccezione.
Per rispondere alla domanda iniziale credo che siano utili entrambi i significati.

Il percorso che ha fatto dell’ omino un “sopravvissuto” inizia prima di tutto da un vissuto. L’artista, creando sopra al vissuto, e caricando il suo omino di sempre nuovi significanti e significati produce un sopra-vissuto. Per questo motivo l’omino è sempre salvo.
Il suo dolore è una rappresentazione del dolore, la sua sconfitta e i suoi dissidi sono palesati e, mentre noi lo guardiamo, lui ha già agito e spesso reagito.
Se uno dei segmenti di Salvo ci mette in crisi, ci mette in gioco, ci coinvolge, stiamo forse guardando in scala ridotta qualcosa che ci appartiene.
“Salvi si diventa, quindi. Se si ha il coraggio di rivelare a se stessi tutto ciò che a volte è scomodo anche solo riconoscere negli altri”. Questo sembra gridare S.P.

Salvo, dunque, si diventa?

Tornando alla definizione di “salvo”, si può dissentire dicendo che in effetti, Salvo qualcosa di eccezionale ce l’ha.
L’ eccezionalità di Salvo sta, a mio avviso, nella sua solitudine.
L’eccezionalità di salvo è nella sua nascita, non c’è un prima, non c’è un poi.
Quando si dice che non interagisce s’intende che sembra vivere in un punto isolato dell’universo, non ci sono interferenze.
L’unica interferenza è la mano di S.P.
E’ Salvo, al singolare, anche quando gli omini all’interno di un’ unità sono due.
Salvo eccetto Salvo(2°) = Salvo salvo Salvo. Il gioco di parole è banale, ma rende forse l’idea dell’intrinseca coerenza di quest’omino.
Quello che accumuna salvo a Salvo è che ogni volta può ricominciare.
La differenza è che forse Salvo si nasce, salvo si diventa.
Cinzia Gravina


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